Il Centro per la Salute Giulio Alfredo Maccacaro si propose di sviluppare metodologie di intervento in fabbrica sui temi della salute, della sicurezza e dell'ambiente, già sperimentate in anni di lavoro, nei molteplici campi della prevenzione dei rischi e delle nocività, della bonifica dei cicli produttivi e dell'ambiente inquinato all'interno come all'esterno dei luoghi di lavoro, con la partecipazione di migliaia di lavoratrici e di lavoratori appartenenti alle piccole, medie e grandi fabbriche italiane nonché a settori dei servizi, dalle banche agli ospedali. Tali metodologie erano fondate sui principi della partecipazione diretta delle lavoratrici e dei lavoratori alle indagini in fabbrica e della popolazione autoorganizzata nel territorio; dell'affermazione della soggettività operaia nella sua accezione più ampia e pregnante sia sul piano culturale che sindacale e tecnico-scientifico; del rifiuto della monetizzazione dei rischi e della nocività nei luoghi di lavoro così come nel territorio; del rifiuto della delega da parte del gruppo operaio di lavorazione omogeneo della propria salute ai tecnici; della non accettazione della cosiddetta neutralità della scienza e della tecnica e della oggettività dei cicli produttivi che da esse derivano; della informazione e formazione permanente, attraverso il corretto rapporto fra gruppo operaio omogeneo e tecnici sugli innumerevoli temi della salute, della sicurezza, dell'ambiente salubre e dei diritti umani.
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giovedì 8 novembre 2018
Il Centro per la Salute Giulio A. Maccacaro: un modello.
Il Centro per la Salute Giulio A. Maccacaro è stato l’antesignano di tutte le collettività che si sono ispirate a Maccacaro. Sulla scia dell’articolo 9 dello Statuto dei Diritti delle Lavoratrici e dei Lavoratori, fu costituito da lavoratori e lavoratrici chimici della Montedison di Castellanza (VA) e di altre fabbriche dei diversi settori merceologici, uniti nel rifiuto di scambiare i livelli di rischio con gli aumenti salariali e nell’affermare il diritto alla salute nella dimensione collettiva e prevenzionale. Diventò il modello di ogni aggregazione spontanea e autonoma di gruppi di operai e di popolazione autoorganizzata sul territorio, assieme a tecnici, ricercatori e intellettuali. Il modello di una lotta collettiva per la salute, la sicurezza, l'ambiente salubre, i diritti umani che contestava alla radice non solo come produrre ma anche cosa, per chi e dove produrre.
Il Centro per la Salute Giulio Alfredo Maccacaro si propose di sviluppare metodologie di intervento in fabbrica sui temi della salute, della sicurezza e dell'ambiente, già sperimentate in anni di lavoro, nei molteplici campi della prevenzione dei rischi e delle nocività, della bonifica dei cicli produttivi e dell'ambiente inquinato all'interno come all'esterno dei luoghi di lavoro, con la partecipazione di migliaia di lavoratrici e di lavoratori appartenenti alle piccole, medie e grandi fabbriche italiane nonché a settori dei servizi, dalle banche agli ospedali. Tali metodologie erano fondate sui principi della partecipazione diretta delle lavoratrici e dei lavoratori alle indagini in fabbrica e della popolazione autoorganizzata nel territorio; dell'affermazione della soggettività operaia nella sua accezione più ampia e pregnante sia sul piano culturale che sindacale e tecnico-scientifico; del rifiuto della monetizzazione dei rischi e della nocività nei luoghi di lavoro così come nel territorio; del rifiuto della delega da parte del gruppo operaio di lavorazione omogeneo della propria salute ai tecnici; della non accettazione della cosiddetta neutralità della scienza e della tecnica e della oggettività dei cicli produttivi che da esse derivano; della informazione e formazione permanente, attraverso il corretto rapporto fra gruppo operaio omogeneo e tecnici sugli innumerevoli temi della salute, della sicurezza, dell'ambiente salubre e dei diritti umani.
Il Centro per la Salute Giulio Alfredo Maccacaro si propose di sviluppare metodologie di intervento in fabbrica sui temi della salute, della sicurezza e dell'ambiente, già sperimentate in anni di lavoro, nei molteplici campi della prevenzione dei rischi e delle nocività, della bonifica dei cicli produttivi e dell'ambiente inquinato all'interno come all'esterno dei luoghi di lavoro, con la partecipazione di migliaia di lavoratrici e di lavoratori appartenenti alle piccole, medie e grandi fabbriche italiane nonché a settori dei servizi, dalle banche agli ospedali. Tali metodologie erano fondate sui principi della partecipazione diretta delle lavoratrici e dei lavoratori alle indagini in fabbrica e della popolazione autoorganizzata nel territorio; dell'affermazione della soggettività operaia nella sua accezione più ampia e pregnante sia sul piano culturale che sindacale e tecnico-scientifico; del rifiuto della monetizzazione dei rischi e della nocività nei luoghi di lavoro così come nel territorio; del rifiuto della delega da parte del gruppo operaio di lavorazione omogeneo della propria salute ai tecnici; della non accettazione della cosiddetta neutralità della scienza e della tecnica e della oggettività dei cicli produttivi che da esse derivano; della informazione e formazione permanente, attraverso il corretto rapporto fra gruppo operaio omogeneo e tecnici sugli innumerevoli temi della salute, della sicurezza, dell'ambiente salubre e dei diritti umani.
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